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  • Armiero, Marco (author)
  • Fronitere. passaggi sulle Alpi.
  • 2017
  • In: Ambientare. idee, saperi, pratiche. - Milano : Edizioni Franco Angeli. - 9788891760715 ; , s. 17-23
  • Book chapter (other academic/artistic)
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  • Armiero, Marco, 1966- (author)
  • Ribelli : Naturalmente
  • 2015
  • In: La contestazione ecologica. Storia, cronache e narrazioni. - Napoli : La scuola di Pitagora. - 9788865424131 ; , s. 9-30
  • Book chapter (other academic/artistic)
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  • Audissino, Emilio, Senior Lecturer, 1981- (author)
  • Il cinema è la morte al lavoro [Cinema Is Death at Work]
  • 2013
  • In: International conference 'Immagini della morte' [Images of Death], University of Pisa, Italy, 19 April 2013.
  • Conference paper (other academic/artistic)abstract
    • In seguito alla presentazione pubblica del Cinematograph dei fratelli Lumière nel 1895, alcuni testimoni commentarono entusiasti: “Ora la morte non è più invincibile.” Il cinema permette di ampliare l'orizzonte temporale dell'uomo immortalandone l'immagine in movimento, conservando così una parte di lui oltre la morte fisica. Uno dei principi fondanti dell'estetica/ontologia del cinema di André Bazin è il “complesso della mummia”, cioè l'aspirazione del cinema di “mummificare” la realtà e conservarla, aspirazione che sarebbe alla base di ogni arte – statuaria, ritrattistica, fotografia, etc... – senza però aver mai raggiunto la completezza del cinema, la cui conquista è la mummificazione del movimento. Tuttavia ogni superamento da parte dell'uomo dei suoi limiti, nasconde in sé il “Rischio di Icaro”: la constatazione della fragilità umana, il memento mori. Nello stesso momento in cui il cinema cristallizza un luogo o una persona per preservarne l'immagine, quell'immagine diventa la testimonianza del passare del tempo. Negli anni successivi, confrontando quell'immagine con il luogo reale in esso ritratto, sarà possibile vedere i cambiamenti architettonici, urbanistici, toponomastici apportati dal corso inarrestabile della Storia. Più importante, l'immagine cinematografica di una persona diventa uno specchio impietoso in cui la persona reale può constatare il proprio progressivo processo di invecchiamento. Il cinema preserva sì l'immagine oltre i confini esistenziali di chi è stato ripreso, ma quella immagine è un fantasma senza vita e immutabile che, di fronte al passare del tempo e all'invecchiamento del vero uomo in carne ed ossa, non fa che ricordargli come la morte stia inesorabilmente lavorando su di lui. È celebre la definizione attribuita a Jean Cocteau: “Il cinema è la Morte al lavoro sugli attori.” Ogni singolo film è uno specchio cocteauiano, in cui l'attore può confrontare il proprio Io mortale con l'eterno Io di celluloide. L'intervento propone un inquadramento generale della definizione cocteauiana e quindi di indagare il caso di tre film in cui questa lettura ferale della macchina cinematografica è particolarmente evidente: Viale del Tramonto (Sunset Boulevard, Billy Wilder 1950), Che fine ha fatto Baby Jane? (What Ever Happened to Baby Jane?, Robert Aldrich, 1962) e Il Pistolero (The Shootist, Don Siegel, 1976). Tutti e tre i film, in modo più o meno marcato, sottolineano la morte al lavoro sulle rispettive star – Gloria Swanson, Bette Davis e John Wayne. Questi film, grazie all'inserto al loro interno di estratti di film precedenti, ripropongono l'eterna giovinezza conquistata sullo schermo dai divi di celluloide, ma al contempo mostrano l'inarrestabile invecchiamento a cui sono sottoposti fuori dallo schermo gli attori in carne e ossa. Ma i film stessi sono una illusione di eternità. La materia di cui sono fatti è estremamente fragile e instabile, come mostra la lotta spasmodica degli archivi e dei restauratori contro la morte al lavoro sui film. Anche il simulacro di celluloide è tutt'altro che eterno, come viene mostrato a livello stilistico in Grindhouse (Quentin Tarantino, 2007) – in cui vengono ricreati e volutamente esibiti i danni fisici che tipicamente le pellicole accumulano negli anni – e a livello tematico in (nostalgia) (Hollis Frampton, 1971) – film sperimentale che mostra la lenta distruzione di ritratti fotografici.
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19.
  • Audissino, Emilio, Senior Lecturer, 1981- (author)
  • Il cinema, l'automobile e la morte al lavoro [Cinema, Cars and Death at Work]
  • 2009
  • In: 10th International Conference 'Da Ulisse a... Il viaggio in auto: mito e attualità' [From Ulysses To... Car Travelling: Myth and Contemporaneity], University of Genoa, Imperia, Italy, 1-3 October 2009.
  • Conference paper (other academic/artistic)abstract
    • Nel XX secolo cinema e automobile hanno significato un'espansione dei limiti umani: rispettivamente dei limiti temporali e spaziali. Tuttavia ogni superamento del limite nasconde in sé il “Rischio di Icaro”: la constatazione della fragilità umana, il memento mori. Riprendendo da Jean Cocteau il concetto di Specchio come “Morte al lavoro”, si andrà a rintracciare la costante minaccia della Morte nel binomio Cinema-Automobile, in opere come Il sorpasso, Toby Dammit, Christine. Come momento di convergenza delle riflessioni teoriche esposte e come analisi esemplare si prenderà in esame Grindhouse: Death Proof, film che presenta la “Morte al lavoro”, sia sul versante automobilistico che su quello cinematografico, in modo emblematico.
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20.
  • Audissino, Emilio, 1981- (author)
  • L'infanzia nel cinema di Steven Spielberg
  • 2010
  • Book (other academic/artistic)abstract
    • The book (written in Italian) investigates childhood as a central theme in Spielberg's cinema. The origins of this consistently present theme are firstly traced back to the director's biography and analysed as to the influence of Disney's version of Pinocchio and Barrie's Peter Pan books. Then, prominent child or child-like figures in Spielberg's cinema are interpreted in the light of the Jungian 'Puer Aeternus' and Giovanni Pascoli's 'Il Fanciullino'.
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